In Abruzzo i dati non sono confortanti rispetto alla media nazionale. La nostra regione, infatti, occupa un triste primato essendo al secondo posto se consideriamo il numero delle morti bianche rispetto al totale della popolazione occupata.
Tutto questo avviene nonostante l’attenzione sempre più alta che viene richiesta alle imprese sul tema della sicurezza degli ambienti di lavoro.
La verità è che, nonostante tutte le precauzioni prese dalle aziende, gli infortuni gravi e mortali comunque avvengono anche per semplici errori umani e per disattenzioni spesso dovute al non rispetto delle regole di sicurezza anche da parte dei lavoratori stessi.
E, se è vero che l’infortunio del dipendente viene risarcito dall’INAIL, è anche certo che l’Istituto indagherà con i propri ispettori che dovranno valutare a chi e a cosa è da imputare l’evento. Nel caso in cui l’INAIL dovesse ritenere che l’infortunio sia stato causato da una mancata osservanza della normativa sulla sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/2008) o comunque da altra causa imputabile all’azienda, richiederà a quest’ultima la somma pagata alla vittima dell’infortunio a titolo di risarcimento del danno.
Quando questo accade, alcune aziende, soprattutto le più piccole, possono essere
messe in difficoltà visto che in caso di infortuni gravi, se non addirittura mortali, i risarcimenti del danno possono facilmente superare i 500.000 euro. C’è anche da considerare che l’obbligazione (contrattuale) che l’Istituto per le Assicurazioni ha verso il lavoratore prevede franchigie elevate per i risarcimenti e concede una rendita solo in caso di invalidità permanente superiori all’11%. Non certo un’aliquota bassa.
 
Questi limiti possono non essere ritenuti “congrui” dal lavoratore danneggiato che, nel caso fosse riscontrata una responsabilità civile del datore di lavoro, può agire nei suoi confronti per il ristoro dei maggiori danni subiti siano essi biologici, patrimoniali, morali o esistenziali.
In questo caso, la garanzia RCO tiene indenne l’assicurato anche da tali pretese.
 
 
Come può allora tutelarsi un’azienda da questi rischi sempre più incombenti?
 
Prima di tutto è fondamentale adeguarsi alla normativa imposta sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, ma altrettanto lo è rivolgersi al proprio consulente assicurativo per garantirsi una buona protezione non solo per i danni a terzi (Polizza RCT) ma anche in caso di rivalsa da parte dell’INAIL (Polizza RCO).
 
Purtroppo non sempre le aziende, anche con tanti dipendenti, prevedono questa fondamentale garanzia all’interno della Polizza di Responsabilità Civile verso terzi, per non parlare della Tutela Legale che è un’altra importante garanzia a tutela delle stesse.
Quando infatti avviene un infortunio grave non necessariamente mortale o anche una malattia professionale, l’autorità competente può, a seguito di ispezioni, imporre all’azienda misure interdittive e sanzionatorie sulla base del D.Lgs. 231/01. Questa legge è stata emanata appositamente per punire le imprese che non
hanno ottemperato alle disposizioni imposte sulla sicurezza sul lavoro, sulla normativa sulla privacy, in tema di reati ambientali e quant’altro.
La ratio della norma è punire anche le aziende stesse intese come entità separata rispetto ai propri legali rappresentanti, attraverso misure che possono imporre la sospensione dell’attività per un determinato periodo e/o il pagamento di sanzioni che possono superare anche il milione di euro.
È evidente come questi provvedimenti diventino particolarmente onerosi se si pensa al sequestro di un cantiere edile o di una linea produttiva dove è avvenuto un infortunio grave se non addirittura la morte di un lavoratore.
In questi casi è fondamentale rivolgersi ad un legale specializzato nella vasta materia riguardante il D.Lgs. 231/01, che assista l’azienda in questa importante e delicata fase, con l’obiettivo, ad esempio, di rimuovere il prima possibile la misura interdittiva che blocca la produzione, ovvero ricorrere contro la sanzione
imposta dall’autorità competente.