Gli infortuni sul lavoro non mortali denunciati da Gennaio ad Agosto 2018 sono stati 419.400 casi, in leggero calo rispetto all’anno precedente.
Dalla lettura di questi dati appare evidente quanto ci sia ancora molto da fare in termini di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro. Spesso infatti, nonostante il rispetto da parte dell’azienda della normativa sulla sicurezza sul lavoro contenuta nel D.Lgs. 81/2008, gli incidenti sul lavoro accadono anche per distrazione e superficialità del lavoratore nello svolgimento delle proprie mansioni.
 
In tutti i casi, salvo rare eccezioni comunque sempre da dimostrare, il datore di lavoro risponde civilmente, e penalmente nei casi più gravi, dei danni patiti dal lavoratore infortunato.
Insieme a lui anche le altre figure apicali dell’organizzazione aziendale: i dirigenti, che hanno il compito di attuare le direttive imposte dal datore di lavoro in tema di sicurezza degli ambienti lavorativi, ed i preposti, che devono controllare la corretta esecuzione delle direttive stesse.
In tema di responsabilità del datore di lavoro non si può mai prescindere dal disposto dell’art. 2087 del Codice Civile secondo cui “Il datore di lavoro è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
Tolto ogni dubbio circa l’enorme peso di responsabilità in capo al datore di lavoro, vediamo cosa succede se malauguratamente un lavoratore subisce un infortunio durante lo svolgimento delle proprie mansioni tenendo presente che rientra nel concetto di infortunio sul lavoro anche quello cd in itinere, cioè accaduto durante il percorso casa lavoro e viceversa.
 
In caso di infortunio, il lavoratore viene risarcito dall’INAIL che è l’Istituto a cui tutte le aziende devono assicurare obbligatoriamente i propri lavoratori assunti a qualsiasi titolo. E’ bene ricordare, però, che l’INAIL risarcisce al lavoratore solo gli infortuni che determinano un grado di Invalidità Permanente dal 6% in poi. Sotto tale limite non è previsto risarcimento.
Inoltre, se l’infortunio determina delle lesioni con prognosi superiori a 40 giorni o il decesso del lavoratore, il datore di lavoro viene colpito anche da un procedimento penale volto ad accertare le sue eventuali responsabilità.
Quando il datore di lavoro viene ritenuto responsabile dell’infortunio sul lavoro con sentenza passata in giudicato, l’INAIL eserciterà azione di regresso nei confronti dell’azienda per ottenere il rimborso di quanto risarcito al lavoratore.
 
E’ bene ricordare che l’INAIL risarcisce solo il Danno Biologico, ma se il lavoratore riesce a dimostrare di aver subito anche altre tipologie di danni (cd. morali, esistenziali ed altri) o se non ottiene alcun risarcimento perché l’invalidità permanente rientra nella franchigia del 6%, potrà richiedere il risarcimento del cd Danno Differenziale direttamente all’azienda.
E’ quindi evidente che, in tema di sicurezza sul lavoro, l’azienda è esposta a potenziali ed importanti richieste di risarcimento danni alle quali solo il rispetto della normativa ed una buona tutela assicurativa sono in grado di far fronte.
A tal proposito, tutte le aziende serie dovrebbero sottoscrivere l’importante garanzia RCO (Responsabilità Civile Operai) grazie alla quale è la Compagnia di assicurazione a far fronte economicamente all’eventuale azione di regresso dell’INAIL o alle richieste di danno differenziale avanzate dal lavoratore che possono raggiungere facilmente cifre a sei zeri.
In conclusione la protezione assicurativa deve essere vista come uno strumento per poter continuare serenamente a fare profitti in sicurezza senza rischiare di dover intaccare o in alcuni casi perdere inevitabilmente il patrimonio aziendale che non sempre è sufficientemente capiente.
 
L’alternativa alla tutela assicurativa rimane pur sempre l’auto assicurazione che richiede però grandi riserve sempre disponibili. Ma quante sono le aziende in Italia in grado di farlo?